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Lo "youth work" in Europa: un quadro di sintesi

 

Recenti indagini hanno dimostrato che un giovane europeo su due, tra i 15 ed i 30 anni, ha partecipato ad almeno un'attività di natura associativa. Le stesse ricerche indicano inoltre che un giovane su cinque ha, in particolare, preso parte alle attività di un club o di un'organizzazione giovanile.

In questo quadro deve quindi leggersi il fenomeno del cd "youth work". Una realtà, è bene precisare, della quale ad oggi non si conosce ancora il numero esatto di giovani coinvolti. Alcuni calcoli sulla base di un ristretto numero di paesi stimano in oltre 1,7 i milioni di giovani "youth workers" nel nostro continente.

Viene da chiedersi perché così tanti ragazzi scelgano di vivere una tale esperienza e cosa sia questo "youth work" che sta guadagnando sempre più importanza anche nell'Agenda politica europea. Tuttavia la risposta non è affatto semplice, anche a causa di un quadro di riferimento che continua ad evolversi costantemente, sebbene il tema non sia certamente nuovo in Europa.

La storia del cd "youth work" (reso in italiano come animazione socio educativa) varia inoltre a seconda dei diversi stati europei. Ad esempio, non tutti i paesi hanno adottato una definizione formale di "youth work" (è questo il caso dell'Italia) e tra quelli che vi hanno provveduto sussite in ogni caso, una varietà di descrizioni.
Gli studi in materia registrano inoltre una grande diversità delle esperienze di "youth work", con riferimento sia alla varietà degli attori coinvolti che alle tendenze ed alle specifiche caratteristiche delle cd "buone pratiche".
Se, infatti, si opera (come peraltro ha fatto la Commissione Europea con il rapporto Working with young people: the value of youth work in the European Union) una panoramica comparata dei quadri di riferimento di queste esperienze è subito evidente come il termine "youth work" sia usato per descrivere una vasta gamma di attività, tematiche e misure nonchè una serie articolata di attori in campo ed impostazioni progettuali.

Si può tuttavia provare ad individuare alcuni elementi comuni che caratterizzano questi percorsi a partire dalle finalità. Pur nella sua varietà, infatti, lo youth work si propone certamente di contribuire, in maniera significativa, allo sviluppo personale, all'autonomia e al senso d'iniziativa dei giovani favorendone, allo stesso tempo, una partecipazione più attiva alla società.
Nello youth work, quindi, sono i giovani a scegliere di partecipare alle attività - che devono svolgersi, ovviamente, vicino a questi ragazzi. Perché poi un percorso di youth work abbia successo è necessario che giovani ed educatori, nella gran parte dei casi volontari, si considerino partner alla pari in un processo di apprendimento reciproco.
Inoltre, le attività - sociali, culturali, educative, politiche o sportive che siano - devono essere realizzate da, con e per i giovani aiutandoli, anche attraverso momenti formativi, a sfruttare appieno tutte le loro potenzialità e consentire ai ragazzi - che altrimenti sarebbero esclusi da forme di assistenza - l'accesso ai servizi di cui hanno bisogno.

Le principale sfida di oggi per i vari soggetti coinvolti, è tuttavia quella di bilanciare la crescente domanda di youth work e le aspettative dei giovani che intendono partecipare a tali esperienze e, allo stesso tempo, adattarsi alle mutevoli esigenze dei giovani nonché ai nuovi contesti sociali in cui queste emergono. Si pensi, in particolare, alla necessità per le organizzazioni, di dover trovare un sempre più difficile equilibrio tra il rispetto delle priorità politiche dei meccanismi di finanziamento con la tendenza dello youth work ad essere sempre più targetizzato ed indirizzato verso questioni ed interventi specifici.

In questa prospettiva, quindi, possiamo oggi certamente dire che, anche sulla base dei dati raccolti relativi alle esperienze di successo, le "best practices" di youth work sono sicuramente quelle che consentono, nello stesso momento, ai giovani di sviluppare il loro capitale umano, rafforzare quello sociale, far cambiare eventuali comportamenti a rischio e permettere di costruire relazioni positive.
Inoltre, a prescindere dai risultati per le singole persone impegnate in uno youth work, si possono riconoscere a questi percorsi alcune, altrettanto importanti, ricadute per le comunità in cui tal attività si svolgono e per le quali queste dovrebbero rappresentare una componente importante del tessuto sociale dal momento che offrono uno spazio concreto di contatto, scambio, condivisione tra i giovani, ma anche tra le generazioni.
In conclusione, quindi, anche se lo "youth work" ha oggi un maggior riconoscimento e visibilità rispetto al passato, c'è ancora molto da fare. In particolare vi è la necessità di riconoscere maggiormente il valore ed il contributo di queste esperienze per le vite dei giovani che vi sono coinvolti e delle comunità a cui questi appartengono. Chi è chiamato ad organizzare e gestire tali iniziative deve, inoltre, porrsi sempre più il problema di come coinvolgere, in futuro, quei giovani che trovano oggi maggiori difficoltà a vivere esperienze di youth work - quali quelli che vivono, ad esempio, nelle zone rurali o provengono da un contesto migratorio o in ogni caso di svantaggio sociale.

 

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